Prova indiscutibile della versatilità creativa e comunicativa del Marino, le Dicerie sacre sono uno delle prose più sontuose del Barocco italiano. Marino le annunciava con entusiasmo: «faranno stupire il mondo […] parrà cosa stravagante ed inaspettata, […] ma è opera da me particolarmente stimata ed in cui ho durato fatica lunghissima. Spero che piaceranno, sì per la novità e bizzarria della invenzione, poiché ciascun discorso con – tiene una metafora sola, sì per la vivezza dello stile e per la maniera del concettare spiritoso». Prediche senza funzione liturgica, fondate su un’erudizione inusuale, mostrano l’ambizione di Marino di misurarsi con una scrittura impegnata, anche politicamente, e di sperimentare modalità enciclopediche. La prima diceria, incentrata sulla Sindone, è un vero e proprio trattato sulla pittura; la seconda, sulle sette parole di Cristo in croce, mette in relazione le proporzioni armoniche, il microcosmo, la musica e l’armonia delle sfere; la terza, sull’Ordine sabaudo dei SS. Maurizio e Lazzaro, è un’esposizione astronomica sulla Sfera. Uscite nel 1614, conobbero subito una straordinaria fortuna, per poi essere riedite solo nel 1960. Vengono ora riproposte con un aggiornato commento, che tenta di sciogliere i molti enigmi che ancora riservano, e una nuova interpretazione critica attenta al contesto in cui furono scritte.