Tragedia fra le più fortunate del Seicento italiano, caduta in oblio dopo la condanna arcadica alla letteratura barocca, recuperata nel secondo dopo guerra da Benedetto Croce e incensata da Giovanni Getto, che la considerava il «capolavoro del barocco», l’Aristodemo del padovano Carlo de’ Dottori è un testo che merita indubbiamente un’aggiornata messa a fuoco dal punto di vista critico e filologico. La presente edizione si propone di gettare nuova luce sulla complessa vicenda editoriale che caratterizza la stesura di questa tragedia, pubblicando per la prima volta integralmente la versione del testo riportata nel manoscritto padovano (Biblioteca del Seminario di Padova, codice 668), offrendo in un apparato evolutivo le numerose varianti della princeps del 1657 e della stampa del 1670. Nell’introduzione e nel commento si propone inoltre una nuova interpretazione del testo, che sottolinea la rilevanza dei modelli moderni di Tasso e Marino accanto a quelli classici dichiarati dall’autore, decifra alcune allusioni alla situazione politica contemporanea della repubblica di Venezia, ed enfatizza una certa prossimità dell’Aristodemo, nella versione del manoscritto padovano, con la teologia giansenista.